Dipendenze affettive. Siamo capaci di rimanere soli con noi stessi?
Ogni relazione è differente dalle altre, tuttavia ci sono caratteri comuni che spesso possiamo ritrovare presenti non solo nelle relazioni amorose di chi ci sta intorno ma anche nella nostra. Una di queste potrebbe essere quella di sentire costantemente il bisogno di stare con l’altro, una necessità molto comune, ma cosa nasconde? Certo, la capacità di stare da soli non è facile da acquisire, ma perché questo avviene o in alcuni caso non avviene proprio? Cerchiamo di scoprirlo insieme…
Partiamo dal principio, ovvero dall’infanzia; i bambini riescono a conquistare la capacità di stare da soli dopo un percorso di crescita in cui è fondamentale il primo rapporto di dipendenza dalle figure genitoriali.
La disponibilità dei genitori nel riconoscere gli aspetti emotivi del bambino permette al piccolo di fare esperienza di un rapporto di dipendenza positivo. Il bambino si sente amato e compreso per le sue reali caratteristiche senza la necessità di dover aderire a modelli genitoriali imposti e presto impara che i suoi bisogni e sentimenti sono importanti per gli altri e per se stesso. Forte di queste esperienze ripetute, sente che può iniziare a dedicarsi alle sue cose; impara, in questa fase intermedia, a stare solo anche se in presenza della mamma, mentre quest’ultima per esempio compie le faccende di casa mentre lui gioca con le costruzioni.
Esistono, poi, giochi a cui si lega particolarmente, che lo accompagnano in questo processo di separazione, lo fanno sentire sicuro anche se la mamma è assente. Dopo questo percorso il bambino è pronto per la separazione; riesce a stare da solo anche per periodi più lunghi e l’assenza della madre non lo fa sentire abbandonato.
Ciò accade perché il genitore esterno è stato interiorizzato; non è più necessario che sia onnipresente per tranquillizzarlo; il bambino riesce a farlo da sé. Individuiamo qui le basi per delle sane relazioni future in cui sia possibile trovare un equilibrio tra se stesso e l’altro senza sentire di andare in pezzi da soli.
Cosa accade, però, quando questo, al momento giusto, non si è verificato?
“Dei buoni amici dissero a mia madre che io ero triste, che mi avevano visto pensieroso. Mia madre mi strinse a lei con un sospiro: “tu sei così gioioso, sei sempre così canterino! Possibile che tu ti lamenti di qualcosa?”. Aveva ragione lei (…) mia madre continuava a dirmi che io ero il più felice dei ragazzini. Come potevo io non crederle dato che questo era vero?”
J.P.Sartre
La citazione allude all’esperienza infantile dell’autore di sentirsi come trasparente e non autentico agli occhi della propria madre.
La stessa sensazione ci può accompagnare anche nelle future relazioni. Ci sembra di non riuscire ad esprimere noi stessi ma di dover corrispondere alle aspettative dell’altro. Una difficoltà vecchia come la terra o quantomeno come la mitologia greca. Prendiamo proprio quest’ultima per spiegare meglio questo concetto.
Nelle “Metamorfosi” Ovidio racconta la vicenda di Eco e Narciso.
Eco era una ninfa dei monti, dotata di uno straordinaria abilità: era capace di affascinare ogni interlocutore con le sue parole dolci ed intelligenti.
Un giorno Zeus decise di sfruttare la dote di Eco per distrarre la moglie, Era, al fin di poterla tradire alle spalle, ma la moglie ben presto si accorse della trappola e si vendicò su Eco. La ninfa perse la sua meravigliosa dote oratoria e fu condannata a ripetere solo le ultime parole di chi le rivolgesse conversazione. Fu proprio un colpo di sfortuna se incontrò nei boschi Narciso, un giovane bellissimo di cui si innamorò perdutamente.
Ma Narciso era incapace di amare e completamente concentrato su se stesso, la rifiutò, deridendola per quel suo modo di ripetere parole ed eco, respinta, si ritirò nei boschi, coprendosi il volto per la vergogna e vivendo in antri nascosti: il suo corpo e la sua voce si consumarono per il dolore fino a farla scomparire.
Questo mito racconta simbolicamente di dinamiche che ritroviamo nelle dipendenze affettive. Tutto inizia dal primo rapporto di Eco con Era e Zeus. Due figure che, come quelle genitoriali, dovrebbero fornirle un modello di relazione sano e riconoscerla nelle sue qualità e sentimenti.
Eco, invece, arriva a sperperare il suo più grande talento: Zeus/papà ha approfittato della loquacità della giovane per ricavarne personale vantaggio. Era/madre, dal canto suo, non si è curata di salvaguardare la ninfa ma ha rivendicato su di lei il torto subito.
Eco è caduta vittima di una relazione che non la riguarda. E’ stata usata, diventando oggetto di una schermaglia tra i due e da questo momento è condannata a perdersi nell’altro. Incontra Narciso, egoista e concentrato esclusivamente su se stesso il cui rifiuto ed il timore di essere abbandonata portano Eco a consumare il suo corpo, come accade a molte donne o uomini che pur di servire costantemente i bisogni dell’altro arrivano a trascurare se stessi, manifestando, ad esempio, problemi psicosomatici.
La minaccia della perdita genera, infatti, uno stato costante di stress che ci obbliga a controllare costantemente l’altro; come sta, di cosa abbia bisogno.
E’ come se un disco recitasse un ritornello “io esisto perché tu, con il tuo amore, mi fai esistere, da sola non sono nulla”.
Questo vuoto che ci abita può essere riempito apparentemente dal proprio partner, di cui però abbiamo costantemente bisogno. Possiamo anche non sentirci compresi, rispettati, a volte umiliati da lui ma pur di rimanergli accanto saremmo pronti ad accettare il sacrificio.
I nostri talenti, interessi e necessità passano in secondo piano poiché la paura di poter perdere quella persona è troppo grande.
E così ciò che apparentemente sembra un amore, può diventare una gabbia in cui ci rinchiudiamo, ripetendo senza saperlo la nostra esperienza di bambini non ascoltati e incompresi.
Come nel primo rapporto con i genitori siamo stati costretti a tagliare via parti di noi per aderire alle aspettative dell’altro, così annulleremo bisogni e desideri per quelli del partner. Molti di noi possono ritrovarsi in questo modo ad assumere il ruolo di Eco.
Tuttavia ognuno di noi ha bisogno di relazioni e sani rapporti di dipendenza purché questi non ci impediscano di perdere di vista noi stessi, la nostra natura, la nostra individualità e le nostre necessità.
Quindi è importante che se ci sentiamo di aver perso di vista ciò che siamo, per dedicarci esclusivamente all’altra persona e se ci sembra di cadere nel vuoto senza la sua presenza e la paura di essere abbandonati prende il sopravvento, nonostante siamo disposti a sopportare umiliazioni e sacrifici è il momento di fermarsi e chiedere aiuto.